Uno «yacht di piacere» titola il Blog delle stelle, sito ufficiale del M5s. Chi firma il post è Danilo Toninelli, ministro delle infrastrutture, che attacca a muso duro la Ong tedesca Sea Watch, proprietaria della nave attraccata a Catania, dove ha sbarcato 47 migranti salvati nelle acque del Mediterraneo centrale. Non è una firma qualsiasi, è la massima autorità politica a capo della Guardia costiera e dei porti italiani. Abbiamo eseguito un fact checking sulle sue affermazioni.

1. La nostra Guardia Costiera ha effettuato il fermo amministrativo della Sea-Watch 3 per violazioni delle norme in materia di sicurezza della navigazione e di tutela dell’ambiente marino.

Nessun fermo, per ora. La Guardia costiera italiana effettua il servizio di Port State Control, ovvero di ispezione delle navi per verificare la documentazione e la regolarità delle dotazioni. Questo è avvenuto subito dopo lo sbarco dei migranti (o meglio, dei naufraghi salvati). I risultati delle ispezioni sono pubblici e inseriti in un database liberamente accessibile. Fino alle 19 del primo febbraio 2019 – ovvero ore dopo il post del ministro – non risultava alcun fermo della Sea-Watch 3.

In ogni caso l’eventuale provvedimento deve essere consegnato al comandante della nave. Secondo la portavoce dell’Ong, Giorgia Linardi, «al momento non è stato notificato alcun atto di fermo amministrativo, ma solo una relazione dell’ispezione con evidenziate alcune piccole irregolarità». Inoltre negli ultimi dieci anni la nave è stata ispezionata più di 20 volte in diversi porti del Mediterraneo (dati presenti nel database marittimo Equasis) senza essere mai stata sottoposta a fermo. E d’altra parte è la stessa Guardia Costiera che dichiara a La Stampa: «E’ stata consegnata nel tardo pomeriggio una nota formale di notifica di deficienze con relativo termine di adempimento».

Lo screenshot del database sulle navi sottoposte a fermo in cui non risulta Sea Watch

2. Stiamo parlando di un’imbarcazione registrata come «pleasure yacht», che non è in regola per compiere azioni di recupero dei migranti in mare. E mi pare ovvio, visto che è sostanzialmente uno yacht».

La Sea-Watch 3 è in possesso di due registrazioni. La prima è quella della società Dnv Gl, organizzazione privata olandese che rilascia attestazioni per le navi «non commerciali», definite «pleasure craft». La seconda è il registro ufficiale dei Paesi Bassi, che le consente di utilizzare la bandiera olandese e di rispondere alla legge di quel Paese (includendo l’eventuale tutela legale). La questione era già stata sollevata a Malta la scorsa estate e una successiva ispezione delle autorità olandesi aveva dato esito favorevole alla Ong. Nessuna irregolarità.

La Sea Watch in realtà fin dal 2017 aveva approfondito con le autorità olandesi la questione. La Stampa ha visionato la corrispondenza intercorsa tra le autorità governative dei Paesi Bassi e l’Ong tedesca, rilasciata alla fine del 2017 su una richiesta di accesso agli atti e pubblicata integralmente. Il 18 luglio 2017 la Dnv Gl scriveva a Sea Watch spiegando che era fondamentale ottenere anche il registro navale ufficiale, ritenuto «importante per il lavoro che intendete fare» (ovvero la ricerca e salvataggio di naufraghi). Aggiungendo alcuni dettagli utili a comprendere bene la situazione: «Noi abbiamo diverse navi di Greenpeace sotto bandiera olandese registrate come “non-commercial yacht”, queste possono presentare una richiesta volontaria di certificazione». Sea Watch ha dunque seguito le indicazioni che furono fornite dalle autorità olandesi, che avevano preso come modello le navi di Greenpeace - che certo non possono essere definite «yacht di piacere» - chiedendo ed ottenendo anche il registro navale ufficiale dei Paesi Bassi.

Il documento in cui la Dnv Gl spiega alla Sea Watch quali certificazioni avere

Il certificato del registro navale ufficiale olandese che permette a Sea Watch di usare bandiera olandese

3. Se tu, milionario, compri uno yacht, vai in navigazione per piacere, non per sostituirti alla Guardia Costiera libica o di altri Paesi.

Anche in questo caso i fatti sono differenti. Al di là della definizione di gita di piacere delle missioni di salvataggio della Ong tedesca, l’intervento di fronte a un naufragio non è sicuramente una sostituzione delle attività della Guardia costiera. Esiste un obbligo giuridico preciso per tutte le navi – anche quelle non commerciali, anche, eventualmente, gli yacht – che prescrive l’intervento quando c’è una vita in pericolo in mare. In particolare sono tre i riferimenti ai trattati internazionali sottoscritti dall’Italia: l’articolo 98 della convenzione di Montego Bay, la regola 33 del capitolo quinto della convenzione Solas e il capitolo 2.1.10 della convenzione di Amburgo denominata Sar.

Non intervenire per il salvataggio dei 47 naufraghi recuperati avrebbe comportato una grave violazione delle norme da parte del capitano, con la possibile accusa di omissione di soccorso. Riepilogando: qualunque nave, commerciale, yacht, da crociera, è obbligata a intervenire in caso di rischio per la vita umana. Non esiste alcuna «autorizzazione» per svolgere questo genere di attività se qualcuno decide di farlo in maniera organizzata.

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