EDITORIALE

 

«Quando leggo un libro sulla battaglia di Stalingrado, immagino che il bombardamento, l’occupazione, l’accerchiamento e la liberazione abbiano tutti luogo a Manhattan.»

Manhattangrado è solo uno dei tanti esempi che Peter Mendelsund utilizza nel suo libro Che cosa vediamo quando leggiamo (Corraini, 2020) per raccontare quello che succede nella nostra testa quando apriamo un libro. Una metafora di come l’impossibilità di una descrizione esaustiva diventi il punto d’avvio della trasfigurazione fantastica operata dalla nostra immaginazione.

Mendelsund ci chiede se riusciamo a immaginarci con precisione il quadro che Lily Briscoe dipinge in Al faro di Virginia Woolf, se conosciamo l’aspetto di Anna Karenina o il colore degli occhi di Emma Bovary. Nei libri, infatti, troviamo soltanto pezzi sparsi di un puzzle, che componiamo e completiamo nella nostra immaginazione, ma è lo scrittore che ci insegna «quando e quanto immaginare».

Nonostante vedere e guardare nella nostra immaginazione sia profondamente diverso dal vedere e guardare con gli occhi, la funzione di innesco operata da un libro sembra molto simile a quella che hanno alcune opere d’arte visiva, che mettono in moto il motore della nostra coscienza e ci spingono a partire alla ricerca di un significato.

 

In questa sessantatreesima edizione di TELESCOPE, la nostra newsletter settimanale dedicata ai progetti e alle istituzioni culturali di cui siamo portavoce, nella sezione RACCONTI trovate la giornalista Guia Cortassa con un'intervista a Ilaria Marotta e Andrea Baccin, curatori del 58. October Salon Biennale di Belgrado; Enrica Ravenna, autrice per Gli Ori e contributor di Exibart, con la seconda parte della sua rassegna delle molte opere d’arte contemporanea lasciate sul territorio toscano dall’attività di Pistoia Musei; Daniela Trincia contributor online e offline per Arte e Critica, Flash Art, art a part of cul(ture), Espoarte e La Repubblica – scrive della retrospettiva di Chiara Fumai al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, Poems I Will Never Release (2007-2017).

La parte dedicata ai VIDEO comprende un promo di P.P.P. Possibile Politica Pubblica, mostra personale di Sasha Vinci al MANN Museo Archeologico di Napoli, realizzata in collaborazione e con il supporto della galleria aA29 Project Room; e un video della prima grande mostra personale di Marco Tirelli negli spazi di Cardi Gallery a Londra.

Tra gli EXTRA: la campagna social Dear Umbria, ispirata all’amicizia tra Beverly Pepper e Arnaldo Pomodoro; Golden Age, mostra di Fabrizio Dusi a Monte Verità ad Ascona; e la partecipazione della galleria Gió Marconi al progetto ATO Art Takes Over, nelle vetrine del Quadrilatero della Moda a Milano.

 

Buona lettura!

Lo staff di Lara Facco P&C

#TeamLara

 

Vi ricordiamo che l’archivio di tutte le edizioni di TELESCOPE è disponibile su www.larafacco.com

 

TELESCOPE. Racconti da lontano

Ideato e diretto da Lara Facco

Editoriale e testi a cura di Annalisa Inzana

Ricerca ed editing Francesca Battello, Camilla Capponi, Barbara Garatti, Marta Pedroli, Claudia Santrolli, Denise Solenghi, con la collaborazione di Giulia Notarpietro, Alberto Fabbiano e Andrea Toro

 

domenica 27 giugno 2021


RACCONTI

 

 

Pistoia Musei e la diffusione dell’arte contemporanea sul territorio, di Enrica Ravenni (parte II)

 

La Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia ha recentemente delegato l’attività relativa alle esposizioni temporanee a Pistoia Musei, ma tra gli obiettivi delle sue missioni la Fondazione – oltre allo sviluppo, al sociale e all’educazione – ha quello della cultura nei suoi molteplici aspetti. Tra questi la realizzazione di progetti di arte contemporanea site-specific, che costellano il territorio pistoiese di opere di artisti internazionali.

Nell’ambito della riqualificazione di una parte del centro storico di Quarrata si inserisce Le parole scaldano, un’opera di Vittorio Corsini realizzata nella nuova piazza Agenore Fabbri. Si tratta di una fontana con una vasca pentagonale sulla quale è posta una semplice “casina” dal tetto spiovente. Questo elemento, tipico della produzione di Corsini, ha le pareti in vetro su cui sono riportati in vetrofania – mantenendo le differenti espressioni calligrafiche – frasi e pensieri che i cittadini di Quarrata hanno appositamente scritto. Una parete invece presenta una sorta di “tenda d’acqua”: l'acqua scende dall'alto a piccole gocce, quasi a fili paralleli. Posto in un angolo appartato della piazza, questo lavoro non chiede di essere guardato ma vissuto e permeato, tanto che è possibile entrare e sostare nella “casina”.

Anche a Quarrata, nel parco della Villa medicea La Màgia, nel tempo si è formata una collezione site-specific di opere. Fabrizio Corneli, con i suoi consueti giochi di luci e ombre, propone la scritta Micat in vertice sulla facciata della Limonaia di Levante; vicino alla tinaia, Hidetoshi Nagasawa ha realizzato invece il Giardino rovesciato, portando avanti il tema del giardino e della barca, che in questo caso quasi si può scorgere nella forma data da due anelli che si intersecano.

Il lavoro di Anne e Patrick Poirier è composto da una capanna cilindrica in pietra, senza tetto, con al centro un tavolo sul cui piano è incisa una specie di mappa che stilizza la forma del cervello alla lettura delle parole che sono incise sulle pareti della stanza. In una zona recondita del giardino romantico, vicino a un piccolo specchio d’acqua dove sorge una statua di Venere, Marco Bagnoli ha posto una lunga canna rossa: un flauto entro il quale scorre l’acqua, producendo suoni continui ed evocativi. Nel laghetto del parco si trova invece La Banda rossa, una sorta di passerella verso l’isoletta centrale che suggerisce una condizione di trascendenza e di superamento del reale. Maurizio Nannucci ha scelto il cortile interno della villa la sua opera site-specific: una grande scritta luminosa posta sotto il cornicione degli edifici che circondano lo spazio.

Ultima in ordine di tempo è la fontana realizzata da Daniel Buren: la vasca esagonale è racchiusa da un piano di calpestio su cui si ergono tre pareti dalle caratteristiche strisce verticali colorate (rosso, blu e giallo), sulle quali scorre l’acqua che poi viene raccolta nella vasca centrale.

L’altro luogo della provincia di Pistoia che ha ricevuto l’attenzione della Fondazione è Montecatini Terme. Qui l’acqua è l’elemento di vita e ragion d’essere, pertanto le fontane diventano opera d'arte e monumento per esaltare l'importanza storica dell'acqua. È del 1998 Duo acquatico, la fontana di Susumo Shingu realizzata in acciaio, che con una struttura basculante riceve l’acqua e la manda in alto con un movimento continuo e la raccoglie in una vasca rettangolare. Qualche anno più tardi, nel 2004, è Pol Bury a lasciare la propria traccia a Montecatini con una fontana idraulica a elementi mobili in acciaio: al centro di una vasca rotonda sono posti una serie di elementi tubolari che si dispongono in modo tale da sembrare un fiore; tali elementi sottoposti a un movimento continuo si estendono e si ritraggono variando la dimensione della fontana stessa.

 

 

Crediti: Daniel Buren, Mur-fontane a 3 colori per un esagono, 2005-2011, Parco esterno di Villa la Magia, Quarrata, Pistoia. Foto Carlo Cantini. Courtesy Archivio Fondazione Caript, Pistoia | Maurizio Nannucci, Antology Two, 2009, installazione ambientale; scritta in neon blu, m. 0,30 x 10,50, cortile di Villa la Magia, Quarrata, Pistoia. Foto Keeho Casati. Courtesy Archivio Fondazione Caript, Pistoia | Marco Bagnoli, Banda rossa, 2007, Villa la Magia, Quarrata, Pistoia | Marco Bagnoli, Ascolta il flauto di canne, 2007, canna-fontana in metallo verniciato di rosso, acqua, sonorizzazione: gracidio continuo di rane, Villa la Magia, Quarrata, Pistoia. Foto Keeho Casati. Courtesy Archivio Fondazione Caript, Pistoia | Fabrizio Corneli, Micat in vertice, 2005, lunghezza totale 41,50, ogni lettera h cm 160; lamine metalliche applicate alla parete che, con le ombre provocate dal sole o da una luce artificiale, formano una grande scritta in lettere lapidarie, Villa la Magia, Limonaia di Levante, Quarrata, Pistoia. Foto Keeho Casati. Courtesy Archivio Fondazione Caript, Pistoia | Pol Bury, Duetto d’acqua, 2004, fontana idraulica a elementi in acciaio inossidabile, Montecatini Terme, Pistoia. Foto Keeho Casati. Courtesy Archivio Fondazione Caript, Pistoia


 

The Dreamers. 58. Oktobarski Salon Biennale di Belgrado 2021 Intervista ai curatori Ilaria Marotta e Andrea Baccin, di Guia Cortassa (I parte)

 

GC: Belgrado è una città dalla stratificazione storica, artistica, culturale e sociale fortemente complessa. Qual era il vostro rapporto con la città prima di iniziare a lavorare a questa Biennale, e come è mutato durante il lavoro al progetto? Quanto ha influito la storia del luogo sul vostro approccio curatoriale?

IM/AB: Abbiamo cominciato a frequentare la città per brevi e lunghi periodi circa tre anni fa, quando abbiamo presenziato alla giuria del Premio per giovani artisti serbi della 57° edizione dell’October Salon, curata da Gunnar e Danielle Kvaran. La vicinanza con Roma ha facilitato viaggi frequenti, fino a quando non è stato più possibile a causa della pandemia. Siamo entrati in contatto con la scena locale, frequentando gli artisti e i loro studi, visitando mostre, accademie e gallerie, parlando con i membri del Board dell’October Salon, tra i quali Maja Kolaric – che è diventata ora direttrice del Museo di Arte Contemporanea di Belgrado – e naturalmente i curatori del Cultural Center di Belgrado. Abbiamo inoltre lanciato una Open Call cui hanno risposto circa 350 candidati e da lì esaminato il lavoro di artisti di ogni generazione. Abbiamo davvero vissuto Belgrado a pieno, la sua vita culturale e le persone che la animano, di giorno e di notte. Belgrado è una città fiera, a tratti spigolosa con una fortissima identità, ma altresì accogliente e aperta al futuro. La nostra stessa nomina lo dimostra.

GC: C'è stata qualche scoperta, di qualsiasi genere, che vi ha sorpresi particolarmente nel lavoro alla mostra?

IM/AB: Toccare con mano quanto l’arte possa ancora rappresentare una leva di dibattito, di discussione, di cambiamento, e quanto certe conquiste che diamo per scontate nei Paesi in cui viviamo siano ancora un traguardo da raggiungere in altri contesti, anche molto vicini al nostro. Questo ha dato una complessità inaspettata al lavoro nostro e degli artisti.

GC: Questa Biennale esce dagli spazi istituzionali dell'arte – se così si possono chiamare in una realtà come quella di Belgrado – per invadere l'ambiente urbano e quello dei media, con i lavori per la radio e la televisione di Than Hussein Clark e Alex da Corte. Come è nata questa evasione/ invasione? Qual è l'impatto e qual è il pubblico immaginato per quelle opere?

IM/AB: La mancanza di spazio e di spazi è stato uno delle questioni ricorrenti di questi tre anni di lavoro. La mostra è stata spostata tre o quattro volte in diversi spazi espositivi, e l’ultimo spostamento è avvenuto a soli due mesi dall’apertura. Detto questo, sin da subito abbiamo voluto che gli artisti si muovessero fuori dallo spazio espositivo, con interventi pubblici o altri format che hanno portato a una progressiva dematerializzazione dell’opera verso altre modalità e altre forme creative. Artisti come Ian Cheng partecipano con la stesura di un testo nel catalogo, altri artisti come Than Hussein Clark o Alex Da Corte si attivano su piattaforme media come la radio nazionale – Radio Belgrade è un’istituzione molto importante in città – e appunto l’antenna RT3 che vedrà il karaoke Blue Moon trasmesso ogni sera per tutta la durata della mostra. Sconfinare non solo nello spazio pubblico della città ma anche nello spazio privato delle case pensiamo sia qualcosa di molto rappresentativo, non solo per il lavoro degli artisti ma anche per il ruolo pubblico dell’arte, e della sua capacità di sconfinamento in altri territori, altri supporti, altre forme.

GC: La Biennale è intitolata The Dreamers e il primo pensiero va inevitabilmente ai sognatori di Bernardo Bertolucci: esiste davvero un riferimento al film?

IM/AB: Assolutamente sì, per quanto non in maniera strettamente connessa. Il film di Bertolucci ha ispirato una parte iniziale del percorso, anche se l’idea di The Dreamers è venuto prima della sua associazione al film di Bertolucci. Il titolo è ispirato agli artisti stessi, sognatori capaci di aprire finestre su mondi nuovi.

 

*la seconda parte dell’intervista verrà pubblicata il 4 luglio

 

 

Crediti: ritratto dei curatori Ilaria Marotta e Andrea Baccin, ph. IDIO; Cultural Centre of Belgrade; Alex Israel, Sky Backdrop Billboard, 2021, site-specific billboard, Belgrade. Courtesy: the artist and Almine Rech


 

Chiara Fumai. Poems I Will Never Release (2007–2017) di Daniela Trincia

 

Non ho avuto molte occasioni di “vedere” dal vivo i lavori di Chiara Fumai (Roma 1978 – Bari 2017). Una fu The Moral Exhibition House, la strampalata casina bianca, costruita ai bordi del parco di Kassel, durante l’immensa dOCUMENTA (13) curata da Carolyn Christov-Bakargiev (piccola postilla: sotto la sua direzione, il Castello di Rivoli, nel 2018, ha accolto l’archivio di documenti, cartacei e digitali, libri, dischi, abiti e oggetti di scena dell’artista). Si tratta di uno dei lavori proposti in Poems I Will Never Release (2007–2017), titolo tratto dall'ultimo suo autoritratto: un burattino con una maglietta con questa frase che afferma quanto Chiara Fumai abbia basato il suo lavoro sull'esecuzione di parole scritte da altri. Una ricca retrospettiva, alquanto approfondita, con un corpus di opere pressoché completo che comprende video e fotografie (strettamente collegati alle sue performance), collage, installazioni, recentemente inaugurata al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, curata da Milovan Farronato (altra piccola postilla: Farronato, insieme a Liliana Chiari, madre Chiara, Rossella Biscotti e Michele Spinelli, dirige The Church of Chiara Fumai, l’organizzazione che si occupa dell’archivio e dell’opera dell’artista) e Francesco Urbano Ragazzi in collaborazione con Cristiana Perrella, Direttrice del Pecci. L’installazione – qui ricreata per la prima volta dopo il 2012 – e, quindi, la casa è uno spazio per l'insurrezione femminista: per tale motivo, al suo interno, tutto è sottosopra. Perché, com’è noto, tutta la produzione artistica della Fumai è incentrata, e concentrata, sul ruolo della donna. Prendendo spunto dalla Haunted House, nonché da Rivolta femminile – gruppo femminista di Carla Lonzi creato negli anni Settanta – e da Annie Jones, la famosa donna barbuta dell'età vittoriana a cui sono indirizzate le lettere custodite nell’armadio dentro la casina, i fantasmi che scorrazzano nella casa parlano di femminismo e celebrano l'anormalità. Le sue performance, combinate con djset, travestitismo, metafisica, con al centro il ruolo della donna, anche e soprattutto in relazione al sistema dell’arte, erano molto note. Come, ugualmente conosciuta, è stata la sua veloce e promettente carriera, coronata da importanti mostre e altrettanto importanti premi (come il Premio Furla con I Did Not Say or Mean “Warning”, e il Premio New York con This Last Line Can Not Be Translated, solo per amor di citazione, rispettivamente del 2013 e del 2017, entrambi in mostra). Per questo, il 16 agosto 2017, la notizia della sua morte si diffuse in men che si dica. Così, a pochi anni dalla sua scomparsa, è stato messo in piedi un ampio progetto, di cui la mostra è una parte, che vede coinvolti, oltre al Pecci, il Centre d’Art Contemporain Genève, La Casa Encendida-Madrid, La Loge-Bruxelles (le due istituzioni che accoglieranno in futuro questa mostra) e The Church of Chiara Fumai, non solo per rivisitare e approfondire il suo lavoro ma anche, e soprattutto, per farlo conoscere a un pubblico sempre più vasto. E l’intento, con le opere esposte, sembra ben centrato.

 

 

Crediti: Chiara Fumai, The Moral Exhibition House, 2012. Veduta dell'allestimento Chiara Fumai.Poems I Will Never Release 2007–2017 al Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci. Foto © Ela Bialkowska / Chiara Fumai, The Moral Exhibition House, 2012 (dettaglio). Veduta dell'allestimento Chiara Fumai. Poems I Will Never Release 2007–2017 al Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci. Foto © Ela Bialkowska / Chiara Fumai, I Did Not Say or Mean "WARNING", 2013. Veduta dell'allestimento Chiara Fumai. Poems I Will Never Release 2007–2017 al Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci. Foto ©Margherita Villani / Chiara Fumai, This Last Line Cannot Be Translated, 2017-19. Veduta dell'allestimento Chiara Fumai. Poems I Will Never Release 2007–2017 al Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci. Foto © Ela Bialkowska / Chiara Fumai, Nico Fumai: Being Remixed:Fumai Memorabilia Installazione, 2017. Veduta dell'allestimento Chiara Fumai. Poems I Will Never Release 2007–2017 al Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci. Foto © Ela Bialkowska


VIDEO

 

Archeologia, sperimentazione e Pasolini

 

Una mostra come denuncia delle ingiustizie e incoerenze della società italiana contemporanea, in uno spazio iconico che ci parla di storia e di un passato glorioso. Un artista che vede in Pier Paolo Pasolini un esempio di impegno sociale e politico e di libera sperimentazione, in un contesto dal patrimonio archeologico di inestimabile valore. È P.P.P. Possibile Politica Pubblica, la mostra personale di Sasha Vinci (1980) a cura di Maurizio Bortolotti, che fino al 10 settembre 2021 abita il MANN – Museo Archeologico di Napoli. In questo video un piccolo assaggio del progetto.

 

 

 

Crediti: Ecco Una Terra Non Ancora Colonizzata Dal Potere, 2021, Courtesy Sasha Vinci e aA29 Project Room, Photo credits Francesco Roviello

Crediti video: Francesco Roviello


La Scuola Romana a Londra

 

Fino al 4 settembre gli spazi di Cardi Gallery a Londra ospitano la prima grande mostra personale di Marco Tirelli (Roma, 1956) nel Regno Unito. Esponente di spicco della Nuova Scuola Romana, con opere nelle collezioni dei più importanti musei d'arte contemporanea italiani – dal MAXXI al Mart, dal MACRO alla Galleria Nazionale di Roma – Tirelli espone oltre 150 opere tra disegni, dipinti, fotografie e piccole sculture, costruendo una esposizione dal sapore museale. In questo video vi accompagniamo in una passeggiata negli spazi della galleria.

 

 

Crediti: Marco Tirelli, Untitled, 2021, ph Eva Herzo


EXTRA

 

Arnaldo, Beverly e l'Umbria

 

Dal 24 luglio al 26 settembre torna a Todi l'appuntamento con il Festival delle Arti, promosso dalla Fondazione Progetti Beverly Pepper in collaborazione con il Comune di Todi e la Fondazione Arnaldo Pomodoro: un felice connubio che in Umbria trova un palcoscenico d'eccezione, dal momento che opere di Pomodoro e della scultrice americana Pepper sono presenti a Todi, Spoleto, Terni, Gubbio, Bevagna, Assisi, Brufa e Torgiano. L'amicizia tra Arnaldo Pomodoro e Beverly Pepper, il loro comune interesse per i materiali e per il rapporto tra scultura monumentale e spazio, saranno alcuni dei tasselli di una intensa campagna social dal titolo Dear Umbria, lanciata per la promozione della manifestazione con l'obiettivo di innescare un'attività di divulgazione attraverso la promozione di un itinerario artistico contemporaneo, che permette di ricostruire le tappe biografiche fondamentali degli artisti nel territorio umbro.

 

Crediti: Arnaldo Pomodoro e Beverly Pepper. Mostra personale Beverly Pepper, Studio Marconi, Milano 1970 Foto Guido Cegani © Arnaldo Pomodoro


Golden Age

 

L'estate di Monte Verità ad Ascona si apre il 2 luglio con l'inaugurazione di Golden Age, un ampio progetto espositivo di Fabrizio Dusi a cura di Chiara Gatti. Ispirato dall'ideale monteveritano del paradiso anarchico, l'artista – che spazia dal linguaggio della scultura al neon – realizza per l'occasione un nucleo di opere site-specific. Neon, ceramiche e forme in alluminio punteggiano gli ambienti comuni dell'Hotel in stile Bauhaus e il parco antistante l'edificio di parole simbolo (liberi, anarchy, utopia) e di immagini che evocano il ritorno a uno stato di natura, in un percorso artistico studiato ad hoc per Monte Verità.

 

Crediti: Fabrizio Dusi. Golden Age, 2021. Particolare


Arte in vetrina

 

Fino all'autunno, grazie al progetto ATO Art Takes Over, le vetrine di via della Spiga 48 ospitano installazioni d'arte nel Quadrilatero della Moda. La seconda edizione dell'iniziativa vede protagoniste accanto alle opere di Judith Hopf (Karlsruhe, 1969), rappresentata dalla galleria kaufmann repetto, quelle site specific di Kerstin Brätsch (Amburgo, 1979), artista della galleria Gió Marconi. In una mostra dal titolo Unterwegs (In viaggio) le artiste hanno analizzato la dipendenza digitale del mondo contemporaneo con lavori che spaziano dalla pittura, alla scultura, alle installazioni. Un progetto cui la galleria Gió Marconi ha aderito con piacere, considerandola un'opportunità non solo di collaborazione tra imprenditori, ma di incontro tra l'arte contemporanea e il grande pubblico.

 

Crediti: Kerstin Brätsch, Don't Shape_Shape Shift_Mund der Wahrheit, 2012 - 2016 Courtesy: the artist; Gió Marconi, Milan Photo: Andrea Rossetti


 

Sei un giornalista, un critico, un curatore?

Vuoi contribuire con un tuo scritto a una delle prossime edizioni di TELESCOPE?

Scrivici su telescope@larafacco.com

 

Se vuoi ricevere TELESCOPE anche tu, scrivi a telescope@larafacco.com

 

L'archivio completo di TELESCOPE è disponibile sul sito www.larafacco.com

 


 

 

Viale Papiniano 42 · 20123 Milano

+39.02.36 565 133

press@larafacco.com

www.larafacco.com

 

 

facebookinstagramtwittervimeowebsite

 

powered by Artshell